Armani: La pandemia, occasione per cambiare il sistema. Dare valore alle cose
“Tutelare la salute delle persone è prioritario. Dobbiamo cogliere l’occasione di cambiare il sistema e ridare il giusto valore alle cose”.
A dirlo e Giorgio Armani in un’intervista su La Stampa di oggi, lui che è in tutto il mondo il simbolo del made in Italy e della cultura della bellezza.
E ha ben chiara la scala di valori, nei giorni in cui la sua Milano pare dimenticare la prudenza e affollarsi sui Navigli, in una sorta di sbornia collettiva post Covid-19.
Lui è stato il primo, tra gli stilisti, a intuire la gravità della situazione, sfilando a porte chiuse per motivi di sicurezza l’ultimo giorno della kermesse dedicata al prèt-à-porter, a febbraio, quando era appena scoppiata la pandemia.
Il primo a scrivere una lettera di ringraziamento agli operatori sanitari; il primo a fare donazioni e a riconvertire una parte della produzione per realizzare mascherine e camici.
La pandemia con il forzato arresto delle attività – dice -, ci ha costretto a fare i conti con un sistema che ha rivelato tutta la sua fragilità e le sue distorsioni.
Questo è il momento di rallentare la folle corsa, di fare di meno e meglio, concentrandoci sul prodotto. In tutti i settori. Mi auguro che prevalgano l’intelligenza, il buon senso e il coraggio”.
“È tempo di decisioni coraggiose. E a me piace far seguire i fatti alle parole. Perciò, dopo anni di sfilate a Parigi ho deciso di portare la mia alta moda a Milano.
Il prossimo gennaio inviterò clienti e stampa nella sede storica della Giorgio Armani, a Palazzo Orsini, in via Borgonuovo. E da giugno metterò a disposizione su appuntamento i servizi della sartoria”.
Che ricaduta avrà questo virus sull’economia?
“Stiamo ancora combattendo una guerra globale e le conseguenze si faranno sentire a lungo. Ma non mi sono mai piaciuti i toni allarmistici, perché alimentano solo l’incertezza.
La strada da percorrere è fatta di strategie comuni e prudenza. Bisogna rimboccarsi le maniche. E spero che vengano definite presto serie e congrue misure di sostegno per contenere l’impatto sull’economia”.
Nei consumi cosa succederà, ora che siamo entrati nella fase 2 della pandemia?
“Priorità e ritmi saranno diversi. Da molto sostengo, andando controcorrente, che dovremmo rallentare il passo. L’eccessivo, e direi falso bisogno degli ultimi anni di mostrare e produrre sempre di più, ha generato confusione e spreco. Basti pensare alla quantità di merce presente nei negozi. Nell’attesa di tornare alla normalità, possiamo riflettere sugli errori cercando di costruire un futuro migliore”.
“Penso che anche se le abitudini saranno a lungo differenti e quindi anche il modo di pensare all’abbigliamento. Più volte, in passato, ho sottolineato la necessità di concentrarsi sui vestiti che la gente realmente indossa. Il declino del sistema moda era già iniziato prima dell’epidemia, quando il settore del lusso ha adottato le modalità operative del fast fashion, aumentando le consegne nei negozi sperando di vendere di più. Ma il lusso richiede tempo per essere realizzato e per essere apprezzato”.