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Blockchain per il fashion e il tessile

Non solo fintech: la tecnologia basata sui registri distribuiti sta conquistando anche il tessile grazie al progetto del Mise. Facendo dialogare parti diverse della filiera con dati certi e non modificabili, fornisce uno strumento in più al brand e un’arma contro il mercato delle contraffazioni.

La blockchain, oltre ad evolversi nei diversi campi del fintech e delle transazioni, si sta affermando come tecnologia a sostegno del Made in Italy, in particolare nella filiera del fashion. Della moda italiana e della nostra industria tessile.

L’Italia si conferma come principale esportatore mondiale di filati di lana e tessuti ed il secondo esportatore di tessuti di seta, posizionandosi al terzo posto per l’export della calzetteria. In un momento in cui il mercato della contraffazione è in ascesa, proteggere e valorizzare il Made in Italy è una priorità per il nostro paese e per gli stakeholder della supply chain.

La tecnologia blockchain è dotata di una serie di peculiarità intrinseche, che le permettono di tracciare in maniera certa ed immutabile le transazioni che vengono effettuate lungo la filiera, senza necessità di un soggetto terzo che “controlli”, ed attraverso il principio del consenso generale che viene adoperato dagli utenti che partecipano alla catena stessa, allontanandosi dai sistemi attuali finora adottati.

Blockchain, un sostegno al tessile

I sistemi finora adottati non riescono a rendere una completa trasparenza sulla filiera, sui processi di lavorazione, sull’intera catena di approvvigionamento e perciò sull’originalità dei prodotti, remando in senso contrario a tutti i player del tessile.

Questa sorta di “neutralità” della tecnologia DLT (distributed ledger technology), diventa elemento cardine del progetto che ha convolto il ministero dello Sviluppo economicol’Internatonal Business Machine Corporation e altre realtà appartenenti al settore tessile (per il settore tessile SMI Sistema moda italiano, Federmoda, Confapi, Unionfiliera, ENEA; per gli enti Unico concerie italiane, ITA, FLA, Accredia, Agenzie dogane monopoli) per costituire una realtà condivisa che avesse come scopo la tracciabilità della filiera tessile focalizzandosi su 4 dimensioni fondamentali: qualità, origine, sostenibilità ambientale ed etica.

Si legge nel documento del ministero dello Sviluppo economico: “Con la blockchain le attività di controllo sono automatiche: ciò significa che tutti gli attori della filiera hanno la possibilità di verificare”.

Il progetto blockchain firmato Mise-Ibm

Durante il mese di febbraio il Mise, affiancato da Ibm e con la partecipazione di diverse imprese nel settore tessile, ha intrapreso un iter sulla possibilità dell’utilizzo della DLT (distributed ledger technology) nella filiera tessile, al fine di comprendere se questa tecnologia possa supportare, certificare e tracciare la filiera e l’originalità nonché la sostenibilità del Made in Italy.

Sono state affrontate quattro fasi di studio, nelle quali le aziende hanno partecipato in maniera proattiva al fine di delineare uno scenario completo, che tracci la filiera dal coltivatore al rivenditore. Lo scopo reale del progetto è stato quello di cercare un nuovo modello di lavoro plurale, nel quale tutti gli stakeholders vengono affiancati dalla blockchain, al fine di trovare soluzioni concrete a problemi reali.

  • Workshop;
  • Design thinking;
  • Sperimentazione PoC (proof of concept);
  • Studio di fattibilità

Nelle suddette fasi, durante i mesi che vanno da febbraio a novembre, si sono analizzate le esigenze aziendali principali sulle quali fondare la catena.

Blockchain alla prova manifattura

Per meglio specificare le possibilità che la blockchain apre ai player del tessile: la blockchain sviluppata dal progetto si basa su due nodi. Sul primo nodo lavorano coltivatore e autorità di certificazione, sul secondo nodo  l’azienda manufatturiera ed il brand. Si è deciso di sperimentare i nodi su due ambiti: l’ecosistema ed il processo di produzione del capo di abbigliamento.

Le funzionalità della catena su framework Hyperledger:

  • Il coltivatore carica i suoi documenti al fine di ottenere l’approvazione dall’autorità di certificazione. E’ possibile caricare certificati come ISO9001, di qualità, CTW,OEKO-TEX,GOTS, o certificazione di origine
  • L’autorità di certificazione analizza le richieste di certificazione al fine di approvarle o rifiutarle, quindi carica l’esito.
  • L’azienda manufatturiera può a questo punto, sul secondo nodo, visualizzare le informazioni caricate sul lotto, caricare le sue certificazioni ed inserisce informazioni in fase di confezionamento.
  • Il brand può avere completa trasparenza sull’intera filiera, dalla materia prima alla lavorazione, analizzandone i certificati.
  • Il consumatore finale ottiene in questo modo informazioni certe sull’origine, la qualità, la sostenibilità e l’etica del prodotto.

Il valore degli smart contract

Siamo in piena esplosione e sperimentazione della tecnologia basata su registro distribuito. Sta radicalmente cambiando il modo di interagire non solo all’interno dei Business process, del management e dell’intera compliance aziendale. Ma sta anche stravolgendo le regole di un mercato che finora si è caratterizzato sulla fiducia di un terzo come le banche, e l’utilizzo di sistemi non trasparenti.

La blockchain sta gettando le basi della nuova economia, partendo dalla proprietà intellettuale – come stiamo appurando – e implementando, quindi standardizzando, i “nuovi” contratti, gli smart contract, che rendono sempre più vivo l’Internet of Things.

Decisamente lotta a favore del Made in Italy, e sicuramente combatterà il mercato delle contraffazioni, lasciando immutabili tracce sul registro distribuito accessibile da ognuno di noi.

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