Ma l’usato sta davvero diventando di moda?
Produzione. Il riuso della moda: da nicchia a trend. Sono i numeri a parlare.
Sempre più colossi della moda stanno facendo propria la logica del riutilizzo, in linea conte esigenze dei compratori, particolarmente attenti alla sostenibilità e alla salvaguardia delle risorse naturali.
Le strategie della grande distribuzione a confermarlo.
Poi le ricerche di mercato agganciano il tutto al fenomeno generazionale.
Per il consistente gruppo di consumatori formato da Millennial+Gen Y il resale (“usato”, “second hand”, “pre-owned” che dir si voglia…) si sta trasformando da fenomeno di nicchia a trend.
Ricorda un certo “poverismo” Anni Settanta?
Per niente: quello che lo ha rimesso in gioco è un mix fatto di disponibilità agli acquisti online e attenzione alla sostenibilità.
Che la produzione di abbigliamento e accessori sia il settore produttivo più inquinante dopo l’estrazione degli idrocarburi è ormai patrimonio comune.
Che questa nuova generazione di consumatori sia costituita di nativi digitali altrettanto.
Zalando (sede a Berlino, 34 milioni di clienti), la più potente tra le società di e-commerce in Europa, ha messo in campo una piattaforma specifica nel tentativo di assumere il controllo del resale. Al momento assai frammentato, del continente.
Gli indumenti raccolti, sistemati e fotografati vengono venduti per ora in Germania e Spagna, ma raggiungeranno altri quattro Paesi entro la fine di ottobre.
Prima del lancio attuale Zalando ha sperimentato il resale sia offline che online per due anni.
La società dal 2018 ha raccolto e venduto abbigliamento donna tramite un’app separata chiamata Zalando Wardrobe, che ora include anche abbigliamento uomo, calzature e accessori, ed è migrata sul portale principale di Zalando.
Qui i clienti potranno vendere 20 articoli alla volta e ricevere crediti sul sito per l’acquisto successivo.
Se è vero che il resale è un trend in espansione, cresciuto al di fuori di ogni spinta commerciale dei brand, ai marchi spetta ora esplorare le opportunità di vendita a prezzi premium di articoli rimasti invenduti magari poche stagioni precedenti.
Potrebbe essere un’impresa significativa tanto in termini di comunicazione che di logistica, e per di più che utile se questo significa investire meno nell’approvvigionamento e nella produzione di nuovi prodotti.
La stessa Amazon ha lanciato il suo nuovo Luxury store sulla sua app mobile.
Il target è lo stesso: sempre loro, i Millennials + Gen Y, interessati al resale ma capaci anche di comprare un’opera d’arte da 1 milione di euro online (qui i numeri sono ovviamente molto più ristretti), gesto impossibile per un qualsivoglia Boomer.
Primo brand partner di Amazon è Oscar de la Renta.
In Italia rischiamo di perdere la partita visto che quello che sta avvenendo nella moda – esattamente come in altri settori produttivi ‒ è una trasformazione rapidissima, certamente accelerata dagli effetti della pandemia. Per ora nulla di nuovo ma stay tuned.
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