La Corte di Cassazione conferma l'uso commerciale del Marchio Audrey Hepburn

Marchio Audrey Hepburn guanti lunghi

La sentenza coinvolge il marchio Audrey Hepburn e una famosa casa di moda.

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L'eco della recente sentenza della Corte di Cassazione, pronunciata il 23 febbraio 2024, continua a risuonare nel mondo della moda e dello spettacolo. Una controversia legale trapelata alla luce pubblica ha visto scontrarsi due realtà prestigiose: da un lato i figli dell'incomparabile Audrey Hepburn, dall'altro una delle più conosciute e rispettate case di moda italiane. Un contenzioso che ha reso protagonisti il marchio Audrey Hepburn e l'uso putativamente non autorizzato del nome e dell'immagine dell'iconica attrice per la creazione di tre distinti modelli di scarpe.

Marchio Audrey Hepburn: dall'appello alla Cassazione

La disputa si è protratta attraverso vari gradi di giudizio, dal Tribunale alla Corte d’Appello di Firenze nel 2022, per arrivare, infine, alla massima autorità giurisdizionale, la Corte di Cassazione. I figli di Audrey Hepburn hanno sostenuto con forza la violazione dei diritti di immagine della madre e la presunta contraffazione del marchio registrato "Audrey Hepburn" da parte dell'azienda di moda, avanzando una richiesta di risarcimento per danni.

Con la sentenza pronunciata il 23 febbraio 2024, la Corte di Cassazione ha però dato ragione alla casa di moda, respingendo l'istanza di risarcimento proposta dai figli dell'attrice. Secondo la Suprema Corte, non vi è stata alcuna violazione dei diritti d'immagine, considerando che le scarpe in questione erano effettivamente state create per l'attrice nel lontano 1959. Questi modelli, nel corso del tempo, sono divenuti un simbolo di raffinatezza e fascino, attributi indissociabili dalla figura stessa di Audrey Hepburn.

La motivazione della sentenza: l'equilibrio tra uso commerciale e intento informativo

Il nodo cruciale su cui si è incentrata la decisione della Cassazione riguarda l'interpretazione dell'uso del nome e dell'immagine di un personaggio famoso a scopo commerciale. La Suprema Corte ha sancito che questo può essere lecito nel caso in cui, accanto all'obiettivo commerciale, si manifesti un intento informativo.

La delibera si fonda su una ponderata interpretazione dei principi enunciati dagli articoli 6 e 7 del Codice civile italiano, che garantiscono il diritto al proprio nome e la possibilità di agire contro qualsiasi uso non autorizzato da parte di terzi che possa procurare un indebito pregiudizio. Tali diritti cedono parzialmente il passo, tuttavia, agli articoli 2 e 22 della Costituzione italiana, nonché ai principi di libertà e giustizia definiti negli articoli 10 della CEDU e 11 della Carta di Nizza.

In virtù di tali presupposti, la Corte ha ritenuto che l'uso del nome "Audrey Hepburn" nel contesto della comunicazione relativa alle scarpe fosse meramente descrittivo e che, come tale, fosse lecito.

La sentenza, risultato di un complesso equilibrio tra diritti personali e intenti informativi, segna un punto importante nel dibattito sull'uso di immagini e nomi di personaggi famosi.

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