Moda e calcio: perché i club assumono direttori creativi

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Moda e calcio. Cosa hanno in comune un campo da calcio e una passerella? Molto più di quanto potremmo immaginare. Il calcio, da semplice competizione sportiva, si è trasformato negli anni in un fenomeno culturale capace di influenzare musica, arte e, soprattutto, moda. E oggi, l’ingresso di direttori creativi nei club calcistici segna una nuova era, in cui sport e stile convergono per creare qualcosa di unico.

Dal mito di George Best ai lookbook delle squadre

Negli anni ’60, George Best non era solo un calciatore straordinario; era un’icona. Bello, ribelle, inarrestabile, fu il primo a portare il calcio fuori dai confini dello sport, diventando un simbolo di stile. I suoi completi eleganti e il fascino da star lo resero una figura paragonabile a Mary Quant nella moda o ai Beatles nella musica. Best, però, era un’eccezione. Per anni, la relazione tra calcio e moda si è limitata a poche campagne pubblicitarie o collaborazioni occasionali.

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Negli ultimi decenni, questa dinamica è cambiata radicalmente. I calciatori non sono più solo atleti: sono ambasciatori di stile. I tunnel fits – gli outfit indossati mentre si entra in campo – sono diventati uno spettacolo a sé, con giocatori come Marcus Thuram o Jude Bellingham che sfoggiano completi di Balenciaga o Louis Vuitton. Una tendenza che non solo ridefinisce il look degli atleti, ma crea nuove connessioni tra moda e pubblico.

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Perché i club investono in direttori creativi?

Assumere un direttore creativo non significa solo realizzare abbigliamento tecnico o merchandising, ma trasformare una squadra in un vero e proprio brand globale. Club come il Crystal Palace o il Como 1907 stanno dimostrando che il calcio può essere una piattaforma per esplorare nuove forme di espressione. Le loro collezioni non sono semplici maglie, ma lookbook capaci di attirare appassionati di moda e tifosi.

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I casi di successo

  • Crystal Palace ha assunto Kenny Annan-Jonathan, il primo direttore creativo della Premier League, per supervisionare le collaborazioni con brand di moda.
  • Como 1907 ha nominato Rhuigi Villaseñor, fondatore del marchio Rhude, per creare un’identità che vada oltre lo sport.
  • Arsenal ha collaborato con il marchio Labrum per una collezione che celebra le radici africane di molti giocatori, unendo sport e cultura in modo innovativo.
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Moda e calcio. Quando il calcio incontra la passerella

Negli ultimi anni, sempre più calciatori hanno calcato le passerelle. Da Hector Bellerin, che ha sfilato per Louis Vuitton, a Declan Rice, protagonista alla London Fashion Week, la moda è diventata un’estensione naturale della loro immagine. Ma non si tratta solo di vanità: per molti, è un modo per esprimere personalità e creatività.

Questo fenomeno ha un impatto diretto anche sul pubblico. I tifosi non vogliono solo indossare la maglia della loro squadra; vogliono sentirsi parte di un’estetica più ampia. Il legame tra moda e calcio crea uno stile di vita, un’identità che va oltre il risultato sul campo.

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Riflessione

C’è qualcosa di poeticamente ironico in questo incontro tra moda e calcio. Da una parte, uno sport fatto di sudore, fatica e spontaneità. Dall’altra, un’industria che si nutre di perfezione, estetica e storytelling. Ma forse è proprio qui che risiede il fascino: nella tensione tra l’essere e l’apparire, tra un goal decisivo e un outfit impeccabile.

Il calcio è diventato una passerella? Forse. Ma non è questo, dopotutto, il gioco più antico del mondo: trasformare ogni cosa in arte?

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