Imma, la modella che non esiste, è realtà

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Posa per grandi case di moda, gestisce i suoi profili social con foto di vita quotidiana e interagisce con le top in carne e ossa. Peccato che questa ragazza dal caschetto rosa baby sia una creatura virtuale. Finta, eppure indistinguibile dalle colleghe.

Caschetto alla Valentina di Crepax, ma di colore rosa baby, come nei manga giapponesi. Sguardo languido, labbra carnose e perfette, incarnato di porcellana.

Imma è una sensuale modella di origini orientali. Qualcosa la rende unica, diversa da tutte le altre. Non esiste.

Se vi pare un controsenso, guardate la foto qui sopra in cui appare con due ragazze in carne e ossa. Lei è al centro, accanto ha la mora Aria Polkey, splendida top nippo-americana, e la bionda parigina Mayben.

Ammiccano tutte e tre, Imma interagisce: accarezza le colleghe in viso. Eppure queste carezze sono finte, così come di quasi perfetto realismo – ma attenzione: non di realtà – si parla osservando per bene il suo viso e il suo corpo, fatti di pixel e di codici informatici, in barba all’illusione ottica che racconta invece di una essere umano vero quanto chi sta leggendo questo articolo. L’equivoco è in verità subito dichiarato sui suoi profili social, ovvero nel solo mondo in cui abita Imma: “Sono una modella virtuale. Mi interessa la cultura giapponese e voglio attrarre gli umani nel mondo della moda”, recita la biografia su Twitter e Instagram.

Creata da Modeling Cafe, un’agenzia canadese specializzata in computer grafica, Imma vive tuttavia un’esistenza pressoché identica a quella di tante sue colleghe, da Gigi Hadid a Kendall Jenner. Abita a Tokyo, si interessa di moda e arte. Posta foto dei servizi fotografici che la vedono protagonista, ma anche installazioni di design e scatti di vita pseudo-quotidiana. Le visite ai negozi chic, un sorriso in una stazione della metro di Londra, i selfie in ascensore o nell’armadio, persino un video musicale. A che pro, visto che è tutto costruito a tavolino? Semplice

Lei indossa scarpe Nike e visita il negozio di Dior nel centro di Tokyo. Compare accanto al volto dei fast food americani Kentucky Fried Chicken e si trucca solo con prodotti Kate, esclusiva linea di cosmesi giapponese. Insomma: le case di moda ne hanno fatto il loro silente, ma perfetto testimonial. Una trovata che in un colpo solo cancella spese di trasferta e capricci da star, inconvenienti meteo – provate a scattare un servizio fotografico all’aperto se diluvia – e intoppi fisici – la modella che si sveglia proprio quella mattina con occhiaie da lavoratore notturno – che bisogna poi correggere a colpi di make up e Photoshop. Qua si parte dalla fine: il computer che ottimizza l’immagine e fa risparmiare i marchi fashion.

C’è da dire che Imma è la più realistica, ma non la prima della sua categoria. In principio infatti fu Marc Jacobs: era il 2013, lo stilista americano scelse di vestire l’avatar di Hatsune Miku, una cantante virtuale che si esibiva sotto forma di ologramma. Tre anni più tardi toccò a Louis Vuitton usare come testimonial per la sua campagna primavera-estate Lightning della saga Final Fantasy. Si trattava però di personaggi in qualche modo già esistenti. Poi è arrivata Miquela Sousa: apparentemente di origini brasiliane, modella e cantante tanto che un suo singolo è entrato già nel 2017 in classifica su Spotify. Attivista per i diritti umani, ha persino rilasciato interviste tramite, ovviamente, la società che ne ha creato il personaggio. Un esperimento interessante, ma dal punto di vista estetico non perfettamente riuscito. Miquela infatti sembra proprio quello che è: un cartone animato appena più realistico di un videogame. E così si arriva a Imma. Nativa della Rete, inganno e gioia per lo sguardo.

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