la lingua italiana

Federica, la lingua italiana e gli italiani. La regressione social

I social ci hanno fatto scoprire tante cose, tra cui la profonda ignoranza del popolo italiano. Errori di base commessi da laureati, dottori in qualsiasi cosa (perché ci piace tanto fregiarci del titolo di dottore), professionisti. Errori di base commessi da persone capaci di violare il sito della NASA e altrettanto capaci di scrivere “un’uomo”. Punteggiatura buttata a casaccio, h inesistenti, qual è con l’apostrofo, dà (terza persona dell’indicativo presente del verbo dare) senza accento. Errori da far sanguinare gli occhi, roba che don Lurio, a confronto, si esprime come Umberto Eco.

E non basta giustificarsi, dicendo: mica tutti hanno studiato!

I nostri nonni potevano dire di non aver studiato, non noi.

A meno che non ci sia morta la maestra il primo giorno di scuola e i 5 anni delle elementari siano trascorsi facendo solo lezione di ginnastica, è inconcepibile che la conoscenza della grammatica si fermi prima del corretto uso della mutina (che è muta, mica scema e pretende di essere usata, quando serve per esprimere possesso. In caso di dubbi, riprendere il libro di grammatica delle elementari).

Indignati, incazzati, sbalorditi, amati, preoccupati. E ignoranti.

Ignoranti in un’epoca in cui il sapere (quello buono, non la monnezza del web che corre più veloce dell’uragano Irma) é a portata di click, un’epoca in cui in un attimo si può ripassare il teorema di Pitagora e sapere il numero di abitanti di Murrey Bridge, un’epoca in cui il popolo di santi, poeti e navigatori naviga solo era scaricare musica e comprare on line. Abbiamo deriso il piccolo che coniò il termine petaloso, ma non siamo in grado di farci venire il dubbio che il t9 e il correttore ortografico del pc abbiano ragione, segnando in rosso le paroline che scriviamo in modo errato con preoccupante pervicacia. Abbiamo tonnellate di informazioni a portata di mano, abbiamo un’opinione su tutto, ma non sappiamo quando si usa l’apostrofo e, cosa ben più grave, non perdiamo neanche un minuto del nostro tempo prezioso per andarlo a (ri-)studiare.