settimana della moda

Una surreale settimana della Moda

La settimana della moda di Milano, che si è tenuta dal 22 al 28 febbraio, doveva essere la prima quasi del tutto in presenza dall’inizio della pandemia.

Tre giorni pienissimi più uno sciopero dei mezzi e una manifestazione in centro città che hanno reso complicati gli spostamenti e la visibilità dei marchi più piccoli. A tutto questo si è aggiunto, tra il 23 e il 24 febbraio, del tutto inaspettato, il conflitto russo-ucraino.

Che senso hanno le sfilate della settimana della moda in un momento in cui le bombe cadono in un Paese non molto lontano?

L’unico atto politico in favore dell’Ucraina l’ha fatto Giorgio Armani con un atto simbolico come una sfilata senza musica, un gesto di consapevolezza e una dimostrazione di grande rispetto. In un’atmosfera surreale, gli unici rumori durante la sfilata sono stati gli applausi e i tacchi delle modelle lungo la passerella. “La mia decisione di non usare musica nello spettacolo è stata presa in segno di rispetto per le persone colpite dalla tragedia che sta evolvendo nel Paese”. Ha dichiarato Armani alla fine della sfilata.

Per il resto il nulla assoluto, a parte il silenzio, si spera almeno, consapevole). Perché?

Perché il mercato è l’unico vero referente nelle scelte di tutti i marchi (e non solo) e la legge del più forte economicamente è l’unica vera legge che funziona nella moda. E il sistema moda non può permettersi di imbarcarsi nel dibattito geopolitico che riguarderebbe, per esempio, le sanzioni da imporre alla Russia. Quindi a mancare è stata una risposta di sistema, una presa di coscienza unanime, di fronte a quello che sta succedendo. L’Italia vende circa 1,2 miliardi di euro in beni di lusso ai clienti russi ogni anno. A livello economico questo rapporto coinvolge più di 11mila aziende e questo conflitto rischia di creare un grave danno (anche) al mondo della moda made in Italy.

In realtà, al di là della settimana della moda, forse un’occasione mancata per dimostrare solidarietà unanime, sono moltissime le aziende che si stanno mobilitando per donazioni: Balenciaga ha azzerato il feed Instagram da ogni post passato in favore di uno nuovo con l’immagine della bandiera ucraina. Inoltre l’azienda madre, Kering, ha affermato che farà una«donazione significativa» all’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati. Un numero sempre più crescente di marchi ha dichiarato di aver smesso di elaborare gli ordini online ai clienti russi. Sul sito di Nike, per esempio, si legge che «al momento l’azienda non può garantire la consegna di merci ai clienti che effettuano ordini dalla Russia». Si potranno effettuare acquisti soltanto di persona negli store.

Yoox Net-a-Porter Group, di proprietà di Richemont, ha dichiarato che non effettuerà più spedizioni in Russia. «Per via della situazione attuale, non siamo in grado di completare nuovi ordini nel tuo paese. Tutta l’evasione degli ordini è stata sospesa fino a nuovo avviso».

Anche Farfetch sulla sua homepage ha pubblicato un messaggio in cui avverte i clienti che «potrebbero esserci problemi con la consegna di ordini e resi». Ma fino a oggi non ha ancora totalmente sospeso le spedizioni.

A chiedere pubblicamente l’embargo degli articoli di moda in Russia è Vogue Ucraina che martedì, sul suo canale ufficiale instagram, ha invitato l’industria della moda a parlare della guerra con un appello. «Mostrare la propria coscienza e scegliere l’umanità rispetto ai benefici monetari è l’unica posizione ragionevole che si può assumere nell’affrontare il comportamento violento della Russia», si legge nel post. La testata di moda ucraina ha anche coinvolto l’artista serba Marina Abramovic in un video post di denuncia.

Anche Adidas ha sospeso la sua partnership con la Federcalcio russa. E non è ancora finita la lista.

In aggiornamento:

Goodbye Russia, a presto. Anche se probabilmente è solo un arrivederci la decisione dei maggiori player del lusso di chiudere i propri store russi, a seguito dell’intensificarsi della guerra in Ucraina, avrà un impatto significativo sul settore del luxury. Secondo gli analisti di Bain&Company i consumatori russi pesano oggi sul mercato mondiale dei beni di lusso per circa il 2-3%, con un’incidenza simile anche sul segmento dei beni di lusso personali (accessori, abbigliamento, hardluxury e beauty) e l’impatto del conflitto sul mercato globale del lusso, sarà legato principalmente alla sua durata e alle conseguenze economico-finanziarie.