Storia delle calzature

SCARPE DIEM, in un libro la storia delle calzature

La storia delle calzature nel libro “Scarpe. Storia, stili, modelli, identità”, scritto da Elizabeth Semmelhack e pubblicato nel 2019, esplora la storia delle scarpe, riflettendo su come diversi tipi di calzature abbiano identificato molte caratteristiche culturali e sociali.

Un sorprendente manuale di sociologia e semiologia di cose che abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi. Sotto i piedi. 

Storia delle calzature Scarpe. Storia, stili, modelli, identità

«L’attuale importanza culturale delle calzature» scrive la Semmelhack «coincide con la scomparsa di molti altri accessori di abbigliamento che venivano tradizionalmente utilizzati per affermare genere e classe sociale.

I cappelli, per esempio». Insomma, sulle scarpe cade la pressione maggiore per stabilire «le differenze tra maschi e femmine, adulti e bambini, ricchi e poveri». 

Nel libro riflette su come diversi tipi di calzature siano venuti a identificare molte caratteristiche delle persone che le indossano.

Diviso in quattro sezioni – sandali, stivali, scarpe coi tacchi e sneakers – il saggio ripercorre le origini e l’influenza dell’impatto tecnologico, spiega come le scarpe vengono prodotte e indossate, si sofferma sul loro design e ragiona su come siano arrivate a detenere un significato sociale che va oltre la loro primaria funzione di proteggere i piedi.

L’autrice rivela aneddoti e scandali, successi e fallimenti, idiosincrasie e ossessioni dei loro produttori, indossatori e critici, aiutandoci a capire i fattori che hanno contribuito a influenzare mode e tendenze del footwear.

«Per esempio, se guardo di sfuggita qualcuno con le Birkenstock ai piedi, sarò quasi sicuro di indovinare come la pensa politicamente, cosa mangia, se fa la raccolta differenziata oppure no, se è di sinistra.

C’è ancora una grande quantità di informazioni nascoste nelle scarpe».

«Oggi la maggioranza degli articoli che potremmo chiamare unisex sono cose tradizionalmente maschili che a un certo punto alle donne è permesso indossare. Le Adidas StanSmith, bianche, nate per iltennis, ne sono un esempio perfetto.

Si potrebbe anche pensare che le Crocs siano unisex, ma poi c’è uno sforzo ulteriore dei produttori ad offrire una scelta di colori che si conformi alle aspettative di genere.

La cosa davvero interessante sarebbe il contrario, qualcosa di percepito come esclusivamente femminile che venga adottato come unisex anche dagli uomini.

Abbiamo già visto sfilate di moda maschile dove i modelli portavano scarpe coi tacchi alti. Sono curiosa di vedere se la cosa si diffonderà». 

Secondo un calcolo approssimativo, fatto dalla stessa autrice consultando un sito di vendita online, esistono al mondo almeno 15 mila modelli di scarpe. I modelli di scarpe più famosi includono i sandali a corsetto, stivaletti da motociclista, brogue, camperos o stivali texani, loafer o mocassini, mary jane, minorchine, chanel o sling back e corset heels.

Questi modelli sono celebri per vari motivi, ad esempio i sandali a corsetto sono noti per essere considerati tra le scarpe più sexy e provocanti, mentre i brogue sono apprezzati per la tomaia decorata dai caratteristici disegni traforati.

I camperos o stivali texani sono descritti come molto sensuali e adatti a chi ha una gamba molto alta e affusolata, mentre i chanel o sling back sono considerati tra le scarpe da donna più eleganti e di classe.

Ognuno di questi modelli ha caratteristiche distintive che li rendono famosi e amati dagli appassionati di calzature.

Esempi di scarpe che hanno un posto speciale nella storia delle calzature

In Sex and the City la protagonista Carrie Bradshaw (Sarah Jessica Parker) ha una passione per le scarpe con i tacchi, soprattutto quelle di Manolo Blahnik.

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Steve Jobs, il fondatore di Apple, indossava spesso delle New Balance. Molti di quelli che lavorano nell’industria hi-tech usano ancora oggi le sneakers. «Dagli anni 70 le sneakers da uomo trasmettono un’idea di anticonformismo.

Oggi molti uomini che lavorano nelle startup le indossano come parte di questa tradizione». 

storia delle calzature

Gli stivali da cowboy vengono indossati da molti americani del Sud e dai nostalgici dell’epopea del West. 

La statua della Libertà di New York (realizzata da Frédéric Auguste Bartholdi, con Gustave Eiffel) porta dei sandali sul modello di quelli delle divinità greche.

Le suffragette la imitavano, ma fino a un certo punto: solo negli anniTrenta alle donne fu consentito scoprire il piede.

Nello stesso periodo il socialista inglese Edward Carpenter, seguace di Henry David Thoreau, pacifista e vegetariano, si fece portare da un amico un paio di sandali del Kashmir, imparò a rifarli e cominciò a venderli in giro.

Lo zio Sam invece porta gli stivali.

Sì, ma quali? Già nel 1886 la Psychopathia Sexualis di Richard von Krafft-Ebing classificava diversi casi di feticismo per gli stivali.

Nella pornografia dell’epoca, del resto, le donne non erano mai veramente “nude” allo sguardo dei maschi se non indossavano un paio di stivali.

Non è escluso che i progettisti dell’uniforme nera delle SS (il grafico Walter Heck e l’artista Karl Diebitsch) volessero suggerire la stessa fantasia di dominazione nell’uso di stivali slanciati e lucidissimi. 

E le Timberland? La comparsa nella moda di strada, negli anni Ottanta, di solide scarpe da lavoro americane caratterizzate «dall’aura di affidabilità tipica della classe operaia», coincide con la «progressiva scomparsa dei lavori pesanti».

O forse, meglio, con la loro trasformazione:

«Gli spacciatori le inserirono nella loro uniforme da lavoro, cosa che contribuì a traghettarle nell’abbigliamento comune».

Per avere qualcosa di simile alle Timberland le ragazze dovettero aspettare le UGG, gli stivaletti imbottiti di pelo «tipici dei pastori di Australia e Nuova Zelanda», e quelli da pioggia Wellington completamente in gomma.

Oggi, dopo l’epoca dei paninari anni 80, le Timberland stanno vivendo un’altra grande stagione. 

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Elizabeth Semmelhack è una studiosa e curatrice presso il Bata Shoe Museum, con un focus sulle intersezioni tra moda, economia e genere, con particolare interesse per la storia e l’importanza culturale delle calzature. E’ una delle massime autorità in materia.

Ha scritto diversi libri, tra cui “Out of the Box: The Rise of Sneaker Culture” e “Shoes: A History from Sandals to Sneakers”.